Marzo 2017 LA FINANZA RACCONTATA DALLA SUA SCATOLA NERA Mib 0.45%
Il piano del movimento DiEM25 per salvare l’Europa da se stessa: uno European New Deal, con una Banca europea di investimenti dalla quale la Bce comprerebbe i bond, uno European Equity Depository, un Dividendo universale di base al posto del reddito universale. L’ex ministro delle Finanze greco a “i diavoli”: «Non diventeremo un ombrello per politici falliti. Prima o poi cancelleremo i trattati e li sostituiremo con una nuova Costituzione. La tassa di Hamon sui robot? Sciocca».
Riformare l’Europa: come è possibile farlo all’interno della cornice degli attuali trattati, che rispondono a esigenze neoliberali?
Questa domanda trova risposta nel nostro European New Deal, il documento a cui lavoriamo da un anno. È una domanda difficile, ma abbiamo risposte concrete. Penso alla nostra proposta che riguarda una Banca europea degli Investimenti che emetterebbe dei bond che potrebbero essere comprati da coloro che hanno i loro risparmi in banca. [Secondo la proposta dello European New Deal, nel caso in cui la Banca centrale europea sostenesse questa Bei, dagli introiti si ricaverebbe il 5 per cento del Pil europeo, ndr]. Questo progetto, per esempio, si inserisce all’interno nel frame dei trattati, non vìola nessuna regola. Abbiamo una serie di proposte che potrebbero essere messe in pratica domani mattina: l’obiettivo è cambiare così il clima che si respira, stabilizzando l’Europa, creando un terreno di dialogo anche con la Gran Bretagna dopo la Brexit. Poi, sul medio e lungo periodo, c’è un piano per cancellare tutti i trattati.
Come metterete in pratica questo progetto di preciso? Qual è la road map per raggiungere il vostro obiettivo?
Una volta stabilizzata la situazione, semplicemente sostituiremo i trattati europei con una nuova Costituzione.
Chi sosterrà la cancellazione dei trattati insieme a voi? Chi sono e saranno i vostri (potenziali) alleati?
Il nostro è un progetto di lungo periodo: probabilmente prima di arrivare a quel punto verranno creati uno e due nuovi trattati, e poi si procederà alla cancellazione di altri. Come obiettivo a medio termine, abbiamo bisogno della creazione di nuove istituzioni. Per esempio, proponiamo uno European Equity Depository, un fondo comune per l’Europa nella sua totalità, che servirà a finanziare i beni di prima necessità. Una volta che iniziamo a muoverci in quella direzione – e se mai arriveremo a quel punto – allora gli Europei saranno pronti per un processo di intensa riflessione sul futuro che vogliamo: istituire una entità democratica, una federazione, oppure vogliamo tornare agli Stati-nazione?
Cosa vogliono DiEM25 e Yanis Varoufakis?
Sono un federalista, sono per una Federazione democratica europea ovviamente, ma voglio avere questo tipo di confronto. [Mi riferisco a, ndr] una discussione libera e aperta, ma non in tempo di crisi, perché le persone in quei momenti sono incapaci di avere un dialogo senza sopraffazione. Per questo, dunque, prima dobbiamo stabilizzare l’Europa e aiutarla a riprendersi. Così dimostreremmo ai portoghesi, ai greci e ad altri che hanno interessi comuni con chi vive a Berlino o a Milano. Solo allora possiamo impegnarci in un confronto del genere e parlare a tutti i democratici d’Europa.
Con quali interlocutori? La maggior parte dei governi di sinistra d’Europa ha appoggiato misure di austerità. Chi sono, allora, “i democratici” ai quali si riferisce?
Pensiamo all’Italia di oggi. Qual è la percentuale di persone che si sentono realmente rappresentate dai partiti esistenti? La gente può andare a votare, certo, ma ha davvero fiducia nei politici? Credo di no, perché quei partiti non hanno idea di cosa fare quando sono al potere e spesso è Bruxelles a dire loro cosa fare. Dunque, il processo democratico si è già disintegrato, e non mi riferisco solo alla giustizia sociale. Allo stesso tempo ci sono molte persone giovani, intelligenti e colte che non fanno parte di nessun partito politico e che hanno voglia di unirsi a noi. Quindi: chi sono i nostri alleati? Sono loro. Se ci sono politici interessati va bene, ma non abbiamo nessun interesse a diventare un ombrello per politici falliti.
Parliamo di lavoro. Come interpreta le ripercussioni che avrebbe il reddito universale di base, proposto da Benoît Hamon in Francia, sulla centralità del lavoro nella società?
Noi non siamo per il reddito di base universale, ma per un dividendo universale di base. La risposta alla domanda sta proprio nella differenza tra questi. Hamon e altri hanno proposto il primo, ovvero un sistema finanziato attraverso le tasse. Penso che sia un grosso errore. Un reddito di base universale avrebbe ripercussioni negative sul lavoro [e sul welfare], andrebbe a tutti. Primo: c’è chi direbbe perché dare soldi delle tasse ai ricchi? Secondo: fomenterebbe tensione tra chi lavora e chi è disoccupato. Terzo: si creerebbe un’immediata competizione tra il welfare esistente e il reddito di base. Quello su cui vogliamo concentrarci, invece, è il capitale privato da cui le aziende traggono profitto. Per esempio, tutte le volte che cerchiamo qualcosa tramite il nostro cellulare, qualcuno ne trae profitto. Che Apple o Samsung sostengano di possedere il capitale dal quale traggono profitto è osceno, assurdo e sbagliato. Come risolviamo, allora, questo problema? Creando un fondo comune, lo European Equity Depository. Ad ogni aumento del capitale sociale di un’azienda (anche proveniente dall’automazione), una percentuale delle azioni dovrà confluire in questo fondo, che dovrà essere effettivamente socializzato. Questa è solo una parte degli introiti che finanzierebbero lo EED. Tra gli altri ci sono: una percentuale proveniente dalle azioni di ogni offerta pubblica iniziale, ma anche una dai diritti di monopolio. Vogliamo anche che, attraverso questo sistema, parte della proprietà intellettuale venga socializzata. [Il riferimento è a una sorta di “riconversione” dei fondi pubblici che finanziano la ricerca tecnologica nelle aziende e non solo, ndr]. Ma questo è un progetto di lungo periodo.
Cosa intende per lungo periodo? Quanto tempo ci vorrà per realizzare queste proposte?
Non importa esattamente quanto. Ciò che conta è dare il via a questo processo, perché la società sta cambiando e il mondo del lavoro si sta sempre di più automatizzando.
Torniamo al mondo del lavoro, all’automazione e a chi pensa, come Hamon, di tassare i robot. Come interpreta questa questione?
Penso che sia arrivato il momento che il pubblico possa trarre beneficio dall’automazione. Se non ci muoviamo in questa direzione non ci sarà domanda per i prodotti fatti dai robot. La proposta di Hamon è confusa e sciocca. Che cosa è un robot? Come lo si definisce? Come si tassa? Ogni azienda sarà automatizzata, come ho scritto in un articolo su Project Syndicate proprio per smontare questa idea della tassa sui robot. Ogni società, dunque, dovrà in qualche modo contribuire alle quote pubbliche del fondo EED.
In una recente intervista, Lei ha detto di non essere necessariamente pro-Stato. Che applicazione ha questa posizione nelle politiche economiche che propone?
Il punto è non essere pro-Stato, ma ciò non significa essere contro il pubblico. In questo momento e all’interno della nostra proposta, al di là del pubblico o del privato, il dividendo universale di base di fatto crea un altro capitale.
Quindi il punto è la decostruzione del sistema del capitale, così come lo conosciamo?
Sono un socialista, credo certamente nella decostruzione del capitale. Il capitale, però, si sta de-costruendo da solo. Pensiamo all’automazione: essa ucciderà il capitalismo. La combinazione tra internet e la stampante 3D renderà le società praticamente obsolete. Dobbiamo muoverci verso la socializzazione del capitale, questa è l’unica via. Non deve essere per forza una rivoluzione, ma un processo graduale e necessario attraverso un Fondo pubblico. Il problema è che il capitale si sta socializzando comunque, ma non in termini di profitto, il quale resta nelle mani di una ristrettissima cerchia di persone. Dobbiamo invertire questo trend.
Se il piano non dovesse funzionare, vede ancora spazio per una potenziale uscita dall’euro (da sinistra)?
Cosa penso o cosa prevedo? Se continuiamo così succederà, ma come Diem25 rifiutiamo l’opzione di una Lexit, ovvero di una uscita da sinistra. Per questo dobbiamo seguire questo insieme di proposte pratiche e non idealiste.